
Oslo / Norvegia
Alle nove è ancora buio pesto. In giro non c' è nessuno. Né persone né auto, e quelle poche in circolazione sono elettriche e strisciano silenziose come serpi. Sembra di essere ai tempi del Covid.
In fondo alla strada c'è una costruzione di qualche pregio architettonico, forse un museo. I gabbiani gracchiano messaggi sempre uguali, si avvicinano curiosi e poi spariscono nella nebbia. Ci vorrebbe un caffè... ma non c'è. Proliferano invece i palazzi d’abitazione recenti, lussuosi e un po' pretenziosi. Si affacciano sul mare e offrono ai passanti una visita indiscreta nei saloni e nelle camere da letto dei nativi. Mancano tende, tapparelle o altre diavolerie che normalmente servono ad attutire la luce del giorno. È ancora e sempre notte.
In una via parallela al Museo spunta un caffè. Il sottofondo musicale sforna pezzi gloriosi di CSNY, Joni Mitchell, Bruce Springsteen, Bob Dylan, … C’è anche Rodriguez. Al banco si trova di tutto. L'acqua e il tovagliolo vanno invece richiesti a parte, come un bene prezioso, riservato a pochi. È una sfida alle competenze linguistiche dei visitors. No è troppo difficile. Alcune parole suonano persino famigliari. Il tovagliolo è chiamato serviette. Come in dialetto. Senza nulla voler togliere alla variante mantin che però in questo momento è fuori contesto. E l'acqua? Vann, certo.
Oslo, 29 dicembre 2024 / Leica M6 - Ilford Hp5